Le complicanze neurologiche nell’infezione da coronavirus sono un aspetto importante, soprattutto in alcune categorie di pazienti. Intervista al professor Diego Centonze, ordinario di Neurologia presso il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Direttore dell’Unità di Neurologia IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neurome.
Nell’epidemia dovuta al nuovo coronavirus l’attenzione dei medici e dei cittadini è, inevitabilmente, focalizzata sugli aspetti respiratori della malattia, le polmoniti, quelle che stanno riempiendo le terapie intensive. Ma in realtà tutte le discipline mediche devono fare i conti con la COVID-19, e tra queste c’è anche la neurologia. Ne abbiamo parlato con il professor Diego Centonze, Responsabile dell’Unità di Neurologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed.
“Le osservazioni sui pazienti, sia in Cina che negli altri focolai di infezione, hanno suggerito che il virus SARS-Cov-2 potrebbe in alcuni casi interessare anche il sistema nervoso centrale. Sappiamo che 35% dei pazienti ha manifestazioni neurologiche, a partire da quelle comuni a tutte le condizioni infettive di una certa gravità, come vertigini o torpore. Ma abbiamo anche un 5% di pazienti Covid che va incontro a ictus, e questo è un argomento da studiare a fondo, perché non sappiamo ancora se sia dovuto al virus stesso oppure sia un effetto collaterale delle terapie inevitabilmente aggressive che devono essere condotte sui pazienti più gravi”.
Il fatto che in alcuni pazienti scompaiano sia il senso dell’olfatto che quello del gusto ci dice qualcosa sul coinvolgimento del sistema nervoso nella malattia?
“Alcuni studi preliminari stanno mostrando questo fenomeno. Ci fa supporre che il virus possa risalire verso il sistema nervoso centrale attraverso il nervo olfattivo, qualcosa che sappiamo faceva anche il virus della SARS, parente stretto, per così dire, di quello attuale. Un’altra ipotesi che sta interessando il mondo della neurologia, ancora da confermare, è quella secondo la quale il virus possa interessare i centri nervosi della respirazione, contribuendo alla gravità del quadro clinico. Infine, durante l’epidemia di SARS del 2003 erano state osservate anche complicanze psichiatriche, come allucinazioni, alterazioni dell’umore, fino a idee suicidarie. Sono tutti dati preliminari, e saranno necessari molti studi per delineare un quadro completo. C’è un concetto da tenere sempre a mente: questo è un virus nuovo, che conosciamo ancora molto poco”.
Una categoria di pazienti potenzialmente molto fragile è considerata quella dei malati di sclerosi multipla
“Diciamo subito che tutti i pazienti neurologici sono, di fatto, più fragili. Nel Parkinson, ad esempio, possono già esistere delle alterazioni della respirazione. Per i malati di sclerosi multipla c’è un discorso molto particolare, peraltro simile a tutte le patologie autoimmuni. Le terapie alle quali vengono sottoposti, infatti, puntano proprio a modulare la risposta immunitaria, abbassandola. È facile capire come questo possa preoccuparci durante una epidemia, il momento in cui la risposta dell’organismo all’agente infettante deve essere massima. Sappiamo che alcuni farmaci aumentano il rischio più di altri, mentre altri ancora non solo appaiono sicuri, ma sembrano aumentare la risposta antivirale dell’organismo. È necessario valutare e adattare con cura la terapia seguita dai pazienti di sclerosi multipla, una sorveglianza molto attenta che richiede un continuo raccordo tra infettivologi, rianimatori e neurologi. Al riguardo la Società Italiana di Neurologia ha appena realizzato un documento proprio sulle questioni neurologiche legate all’epidemia da Covid-19. E si sta creando in Italia un registro di sorveglianza specificamente dedicato ai malati di sclerosi multipla colpiti dall’infezione”.